Riciclo chimico: un’opzione da considerare

Il Jrc apre le porte ai trattamenti chimici per plastica, tessili e indifferenziato per chiudere il cerchio

Anche il riciclo chimico fa parte di una strategia dei rifiuti circolare.  E’ la posizione espressa in un recente position paper dal Joint Research Centre (Jrc), centro di ricerca della Commissione europea per le materie scientifiche. Obiettivo: capire se e per quali filiere i trattamenti chimici dei rifiuti possono essere utilizzati al fine di accrescere la circolarità dei prodotti. 

Se la plastica è il settore nel quale i trattamenti di riciclo chimico hanno fino ad oggi trovato una più estesa applicazione e sono pertanto più consolidati, ci sono anche altre filiere – come il tessile, i rifiuti inorganici e indifferenziati – nelle quali potenzialmente tali processi possono trovare applicazione. 

Riciclo chimico: di cosa parliamo

In realtà quando si parla di riciclo chimico s’intendono numerosi processi, basati sostanzialmente su tre tecnologie: depolimerizzazione chimica, depolimerizzazione termica e cracking. Se la depolimerizzazione chimica è un processo che fa uso di solventi, quella termica consiste invece nel riscaldamento del polimero.  La pirolisi – una delle tecnologie di depolimerizzazione termica – consente di ottenere una miscela di idrocarburi o un monomero, riscaldando il polimero a una temperatura tra i 400-600 gradi in assenza di ossigeno. In linea di principio, la pirolisi può gestire qualsiasi tipo di materia prima plastica; tuttavia, le poliolefine appaiono le più adatte a questa applicazione.

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Anche i processi di gassificazione prevedono il riscaldamento del polimero, ma in questo caso a temperature più elevate (700-1500 gradi). Il principale prodotto della gassificazione è il syngas, più piccole quantità di altri gas come metano e anidride carbonica. 

Rifiuti plastici…

Attualmente secondo la Organisation for Economic Co-operation and Development (Oecd), solo il 9% dei rifiuti plastici viene riciclato ogni anno, utilizzando nella stragrande maggioranza dei casi riciclo meccanico che ha però alcuni limiti. Nel riciclo meccanico la plastica triturata e lavata viene utilizzata per produrre granulato da impiegare in nuovi prodotti. Non sempre però i rifiuti plastici possono essere riciclati. Non possono ad esempio essere trattati rifiuti plastici contaminati o di qualità troppo bassa, non è possibile separare gli additivi presenti nella plastica e infine è limitata la possibilità di sottoporre i rifiuti a ripetuti cicli di riciclaggio a causa del degrado della struttura del polimero stesso subito nel trattamento. 

Rispetto a questi aspetti, infatti, il riciclo chimico della plastica offre un chiaro potenziale di miglioramento. Questo perché i trattamenti chimici consentono di ottenere monomeri, ovvero i componenti base per la produzione di prodotti plastici dello stesso valore o addirittura superiore a quella di partenza.

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…e non solo 

Il riciclo chimico può rappresentare un’alternativa di trattamento per i rifiuti tessili di materiale misto – ad esempio poliestere e cotone – laddove il riciclo meccanico, che rimane la tecnologia di riferimento per i rifiuti tessili con fibre naturali, sembra provocare il deterioramento di quelle sintetiche. 

Gestione complementare

E’ evidente – precisa lo stesso Jrc – che sarà necessario portare avanti ulteriori ricerche relative alle diverse  frazioni di rifiuto, al fine di chiarire come e dove il riciclo chimico sia complementare al riciclo meccanico e preferibile ad altre forme di recupero, come quello energetico. 

Non si tratta – si legge nel paper dello Jrc –  “di affermare la supremazia di un’opzione sull’altra, piuttosto circoscrivere cosa rappresenta la migliore scelta in relazione a ciascun flusso di rifiuto”.  Si tratta di un approccio orientato alla complementarietà delle forme di gestione, necessaria per una gestione dei rifiuti in grado di intercettare e valorizzare i diversi flussi.