L’Ucraina ha il 10% delle riserve mondiali di ferro, il 6% di titanio e il 20% di grafite. Oltre a ossidi di litio, nichel e cobalto
Il controllo delle risorse minerarie è uno dei motivi da considerare per comprendere il recente conflitto Russia/Ucraina. È l’opinione di alcuni analisti, tra cui Rod Schoonover, ex direttore della sezione Ambiente e Risorse naturali presso lo statunitense National Intelligence Council. “Forse non è la ragione dell’invasione. Ma senza dubbio la ricchezza mineraria dell’Ucraina è una delle ragioni per cui questo Paese è tanto importante per la Russia,” ha affermato.
Minerali e terre rare
Al secondo posto in Europa per le riserve di gas, l’Ucraina ha infatti il 10% delle riserve mondiali di ferro, il 6% di titanio e il 20% della grafite. Ottava riserva al mondo di manganese, nona di uranio, il paese ha anche ingenti giacimenti di ossido di litio, stimati in 500.000 tonnellate. Da aggiungere miniere di nichel, cobalto, cromo, tantalio, niobio, berillio, zirconio, scandio, molibdeno, oro e grafite. Proprio per valutare l’entità di tali riserve l’Ucraina aveva iniziato a mettere all’asta i permessi di esplorazione. “L’idea era quella di attirare gli investitori verso partnership e collaborare con nazioni dell’Unione Europea per stabilire forniture di minerali strategici”, ha affermato Roman Opimakh, capo del Servizio geologico statale ucraino. Al riguardo era stato messo a punto un programma di investimenti in grado di attirare risorse per 10 miliardi di dollari e portare allo sviluppo di più di venti siti minerari.
Domanda in crescita
Si tratta infatti di minerali fondamentali per la transizione energetica – cosiddetti materiali critici – il cui consumo pertanto è previsto in forte crescita visto che sono impiegati quasi ovunque. Nelle pale eoliche, nei catalizzatori, nelle batterie dei veicoli elettrici, nelle fibre ottiche, negli schermi led dei televisori, nei telefonini, nei tablet, negli hard-disk dei computer, nella costruzione di vetri speciali e nei visori notturni.
Secondo un rapporto dell’Iea, se il mondo raggiungerà l’obiettivo di zero emissioni nette di carbonio entro il 2050, la domanda dei minerali critici rari aumenterà di almeno sei volte. Solo per il litio – fondamentale per le batterie dei veicoli elettrici – si passerà dalle attuali 165 mila tonnellate annue a 1,6 milioni di tonnellate al 2030.
Estrarre…
Tre quarti della produzione mondiale di litio, cobalto e terre rare avviene in Cina, Repubblica Democratica del Congo e Australia. “La concentrazione in pochi Paesi è preoccupante da un punto di vista geopolitico”, ha dichiarato Tae-Yoon Kim a Domani. “Le controversie commerciali o le catastrofi naturali in importanti Paesi produttori possono avere un effetto importante sull’offerta e sui prezzi globali”.
Oltre a porre problemi di strategia geopolitica, l’approvvigionamento di questi minerali comporta forti impatti ambientali. L’estrazione e la lavorazione dei minerali richiede molta energia e crea una grande quantità di rifiuti: circa 100 miliardi di tonnellate all’anno nel mondo. Per estrarre una tonnellata di litio servono 2.273.000 litri di acqua. Infine si stima che l’industria mineraria sia responsabile del 10% del totale delle emissioni di gas serra.
…o riciclare?
Se una prima strada è quella di rendere il processo di estrazione più sostenibile, il recupero e il riciclo rappresenta un’opzione chiave. Affinché sia percorsa la via circolare occorre rendere più efficace ed efficiente la filiera del recupero e il processo di riciclo grazie a investimenti tecnologici. Secondo ricercatori dell’Università di Leicester il sistema attuale di riciclo – nel caso delle batterie al litio – “consiste nel tritare ogni cosa e cercare di purificare una complessa mistura in processi dispendiosi, ricavandone prodotti di bassa qualità”. Oggi solo il 5% delle batterie al litio viene riciclato in maniera efficace e riutilizzato, tutto il resto buttato via. Più in generale, tra il 2030 e il 2040 la quantità di materiali riciclati – soprattutto rame, cobalto, nichel e litio – dovrà passare da circa 100 mila tonnellate all’anno a 1,2 milioni di tonnellate (dati Iea).