La ripresa post Covid all’origine della scarsità di materie prime. Il contributo delle soluzioni circolari per affrontare la crisi
Il rimbalzo dell’economia nel 2021, dopo lo stop globale causato dall’anno più duro della pandemia di Covid 19, ha determinato una crisi delle materie prime. Il prezzo di molte commodities è così schizzato alle stelle. Su questa dinamica ha influito sicuramente l’aumento del costo dell’energia, del gas in primo luogo. Una dinamica di prezzo in parte causata dalla decisione della Cina che nel corso del 2021 ha aumentato le sue importazioni di gas del 20% (dati S&P). In parte dalle tensioni geopolitiche che vedono coinvolta la Russia. Ma sono determinanti anche altri fattori. Di tipo logistico e finanziario: le materie prime possono diventare un bene rifugio al pari dell’oro. Poi ci sono i fornitori (su tutti Cina e Usa) restii a vendere per non rischiare di trovarsi successivamente in difficoltà. Una serie di concause che è all’origine di quella che molti analisti hanno definito una “tempesta perfetta”.
Crisi delle materie prime: l’aumento dei prezzi
Le materie prime energetiche sono quelle che nel corso del 2021 hanno registrato gli aumenti più consistenti. L’indice S&P Goldman Sachs Commodity Index (GSCI) certifica a fine 2021 una crescita dei prezzi di petrolio e gas del 59%. Il costo del gas naturale è aumentato “solo” del 38%. Mentre le differenti tipologie di petrolio hanno toccato aumenti che arrivano fino al 67%. I prezzi sono cresciuti anche per le materie prime agricole. Il caffè detiene il record assoluto, con un +81%. Per il cotone il balzo supera il 40%. Ma ci sono stati aumenti considerevoli anche per mais, grano e zucchero.
Un settore particolarmente interessato dall’aumento dei prezzi è quello dei metalli industriali. Alluminio, nickel, zinco. Un caso emblematico è il rame. Secondo Bloomberg, a maggio il prezzo del metallo rosso era salito del 90%, rispetto ai dodici mesi precedenti.
Le materie prime critiche per la transizione energetica
Sempre a maggio 2021, l’Iea, l’Agenzia internazionale per l’energia, ha pubblicato uno studio in cui sottolinea quanto l’approvvigionamento dei critical raw materials sia cruciale per rinnovabili e mobilità elettrica. L’Ue ha recentemente aggiornato l’elenco di questi materiali. Sono una trentina. La loro estrazione e lavorazione è concentrata in pochi Paesi. E la Cina fa la parte del leone.
Secondo l’Iea, per raggiungere emissioni nette zero nel 2050, la domanda complessiva di queste materie prime salirà di sei volte entro il 2040. I materiali più ricercati saranno il litio – la cui domanda potrebbe moltiplicarsi per 40 – seguito da grafite, cobalto, nichel, rame. L’Agenzia suggerisce diverse azioni chiavi per mettere in sicurezza le catene di fornitura di queste materie prime. Tra queste c’è anche un maggiore investimento sul recupero e sul riciclo. L’economia circolare potrebbe contribuire a ridurre la domanda di questi materiali del 10% entro il 2040.
Le potenzialità dell’economia circolare: lo studio inglese
Uno studio inglese, realizzato dalla Green Alliance, sottolinea l’importanza dell’adozione di soluzioni circolari nel settore della transizione energetica. Dalla flotta inglese di veicoli elettrici si potrebbero recuperare (in base ai dati del 2019), fino a 1.400 tonnellate di litio e 800 tonnellate di cobalto. Quantitativi sufficienti a produrre 222.000 batterie. Batterie necessarie ad alimentare il 10% delle nuove auto elettriche che, secondo le previsioni più caute, dovrebbero essere vendute nel 2035 nel Regno Unito. Il dossier aggiunge inoltre che se si riuscisse a recuperare il 70% del litio, l’80% delle terre rare e il 90% del cobalto, nel 2050 la Gran Bretagna non avrebbe bisogno di altri materiali critici per turbine eoliche, pannelli solari e veicoli elettrici. Purtroppo però i tassi di riciclo di queste materie prime sono ancora a livelli irrisori. Non ci sono dati certi ma si ipotizza che solo l’1% del litio e delle terre rare venga oggi riciclato.
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