Messo a punto un sistema per prevedere dove finirà la plastica buttata in mare
Delle 1.819 bottiglie trovate sulle spiagge del Kenya durante il National Marine Litter Data Collection Training, circa 1.227 (i due terzi) erano “rifiuti locali”, ovvero provenivano dal Kenya stesso. Le rimanenti da Tanzania e Indonesia. Un dato che mostra l’esistenza di collegamenti tra i Paesi del mondo anche per quanto riguarda i rifiuti marini.
Tracciare gli spostamenti dei rifiuti plastici che galleggiano negli oceani del pianeta per gestirli meglio e ridurne gli impatti negativi. Con questo obiettivo un team del Center for Ocean Atmospheric Prediction Studies della Florida State University ha sviluppato un nuovo strumento virtuale che consente di conoscere in anticipo il percorso che un rifiuto plastico farà in mare, fino a sapere su quale spiaggia concluderà il suo viaggio.
Lo strumento di tracciamento utilizza i dati sui Mpw (Mismanaged plastic waste) come input per il suo modello, utilizzando le informazioni sulle correnti oceaniche e atmosferiche per arrivare a stabilire il percorso che faranno e dove approderanno.
L’80% dei rifiuti marini proviene da rifiuti mal gestiti sulla terra e quelli di plastica sono il tipo più abbondante. I rifiuti plastici tracciati dal team sono proprio i Mpw, i rifiuti mal gestiti. Ovvero quelli abbandonati in ambiente oppure gestiti in modo inadeguato. Il che comprende anche lo smaltimento in discariche o discariche aperte e non controllate, dove i rifiuti non sono completamente contenuti. Rifiuti mal gestiti che finiscono nei mari in vari modi: trasportati dalle acque dei fiumi, dal deflusso di acque reflue o portati dal vento e dalle maree. Solo una piccola parte dei rifiuti plastici marini riguardano le attività che si svolgono sul mare (ad esempio attrezzi da pesca, reti).
Il percorso seguito in mare dai rifiuti plastici è dovuto non solo alle correnti oceaniche e alla deriva del vento ma è influenzato – tra l’altro – dalla loro dimensione e dalla loro capacità di galleggiamento. Lo studio ha evidenziato che nell’arco di 5 anni i tre quarti delle particelle plastiche finiscono su una spiaggia e solo un quarto resta in mare.
Ma non tutte le particelle plastiche rimarranno sulla superficie marina: il 40% della plastica prodotta infatti è più densa dell’acqua di mare e pertanto destinata ad affondare.
Nel 2016, la produzione globale di plastica è stata di circa 330 milioni di tonnellate (Mt) (Plastics Europe, 2017) e si stima che raddoppierà entro i prossimi 20 anni. I rifiuti che questo sistema produce diventano pericolosi quando finiscono in mare. A volte letali. Gli animali marini infatti possono rimanere impigliati nei detriti, nelle reti oppure ingerire pezzetti di plastica tossici che bloccano le funzioni vitali, alterando la crescita e la riproduzione.