E’ il 29 luglio: sono finite le risorse rinnovabili del pianeta

Per eliminare il debito ecologico bisogna spingere sul pedale dell’economia circolare

C’è una ricorrenza che ogni anno cambia data. E’ l’Earth Overshoot Day, il giorno che segna il momento in cui ovvero l’umanità finisce di consumare le risorse rinnovabili prodotte in quell’anno dal pianeta Terra. In pratica da quel momento in poi il pianeta va in rosso. 

Quest’anno quel giorno è arrivato il 29 luglio, qualche settimana prima di quanto accaduto nel 2020 (22 agosto). Un risultato quello del 2020, merito purtroppo non di scelte ponderate ed efficaci azioni ma solo del rallentamento dell’economia e delle emissioni legato alla pandemia. 

Dunque da qui alla fine dell’anno l’umanità vivrà a credito, sfruttando risorse che al momento non ha e inquinando più di quanto il pianeta possa assorbire. In termini di emissioni di carbonio, terreni coltivati, sfruttamento di risorse. 

Ad eseguire ogni anno il calcolo dell’Earth Overshoot Day è il Global Footprint Network, un’organizzazione internazionale impegnata nella battaglia contro l’emergenza climatica. 

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Due le variabili fondamentali considerate. Da un lato la biocapacità che rappresenta la quantità di risorse ecologiche che la Terra è in grado di generare in un anno. Dall’altro l’impronta ecologica che misura l’impatto della produzione di manufatti, cibo, prodotti di vario tipo, infrastrutture urbane.

Se la domanda di risorse da parte di una città, un Paese o del pianeta supera l’offerta di risorse rinnovabili, si registra un deficit ecologico, ovvero si intaccano le risorse che ancora non sono disponibili. 

Per quanto riguarda il 2021 i calcoli del Global Footprint Network hanno indicato un aumento del 6,6% dell’impronta di carbonio rispetto allo scorso anno e al contempo una diminuzione dello 0,5% della biocapacità globale, in buona parte legata alla deforestazione e del degrado dell’Amazzonia. Stando così le cose oggi l’umanità avrebbe bisogno di 1,7 pianeti per soddisfare le proprie esigenze. 

Se fino agli anni Sessanta l’umanità era più o meno in equilibrio, di anno in anno la data si è spostata salendo nel calendario, per arrivare a fine anni Ottanta a novembre, a settembre al cambio di secolo.

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Il debito ecologico che di anno in anno si accumula oggi, secondo il Global Footprint Network, oggi è pari a 18 anni. In pratica servirebbero 18 anni di totale inutilizzo delle risorse terrestri per compensare i danni provocati dal sovrasfruttamento umano, in linea teorica ovviamente. 

Per quanto riguarda l’Italia, le cose vanno ancora peggio. L’Overshoot Day nel nostro Paese è arrivato già il 13 maggio: da quella data, l’Italia è in debito con la Terra. L’impronta ecologica dell’italiano medio corrisponde a circa 4,4 ettari globali, decisamente superiore al valore medio mondiale di 2,8 ettari a persona. Le attività quotidiane che impattano maggiormente sull’impronta degli italiani, secondo le analisi del Global Footprint Network, sono i consumi alimentari (25% dell’impronta totale) e il settore dei trasporti (18%).

In pratica se tutti vivessero come gli italiani servirebbero 2,8 pianeti Terra per soddisfare i bisogni collettivi. Ne servirebbero 5 se tutti vivessero come un cittadino Usa. 

Il consumo di risorse è una delle variabili su cui occorre intervenire in ottica di economia circolare. All’inizio del Novecento l’umanità consumava 6 miliardi di tonnellate di materiali (comprendendo minerali, biomasse e combustibili fossili). Nel 1970 si era arrivati a 27 miliardi di tonnellate. Oggi abbiamo superato i 100 miliardi. Continuando così a metà secolo arriveremo a 180 miliardi di tonnellate. 

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Tra le soluzioni immediatamente attuabili secondo il Global Footprint Network c’è anche la modifica delle abitudini alimentari. “Se riducessimo il consumo globale di carne del 50% e utilizzassimo più proteine vegetali sposteremmo l’Overshoot Day di 17 giorni”, ammoniscono gli esperti del Gfn.