Webinar del Cen sugli ostacoli da superare per “mettere a terra” le risorse del Piano
Quasi 200 miliardi di euro dall’Europa, di cui 69 espressamente dedicati alla transizione ecologica. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza – che a queste ingenti risorse aggiungerà un robusto pacchetto di fondi nazionali – è un’occasione irripetibile per l’Italia, il Paese maggiormente beneficiario della manovra europea per la ripresa post Covid 19. Ora il nostro Paese è atteso alla prova dei fatti.
Gli ostacoli da superare per “mettere a terra” questa enorme mole di risorse, da investire in progetti efficaci in pochi anni (entro il 2026), rimandano a problemi noti ma mai adeguatamente affrontati: riforme, semplificazione, carenze della pubblica amministrazione. Tutto ciò rischia di incidere anche sulla transizione all’economia circolare.
Luci, ombre e prospettive future del Pnrr sono state affrontate nel corso di un webinar promosso dal Circular economy network il 18 maggio. Un evento che è stata l’occasione per un’analisi puntuale delle risorse dedicate al comparto circular economy, degli aspetti procedurali per la realizzazione dei progetti, degli altri strumenti che dovranno accompagnare la trasformazione del nostro sistema produttivo nell’ottica della circolarità.
Abbiamo già pubblicato un’analisi delle risorse stanziate dal Pnrr. Qui riassumiamo i dati principali. Sono 2,1 i miliardi espressamente dedicati dal Piano all’economia circolare. La quota maggiore, un miliardo e mezzo, va alla realizzazione di nuovi impianti (o all’ammodernamento di quelli esistenti) per il trattamento e il riciclo dei rifiuti. Sono escluse discariche, inceneritori e impianti di trattamento meccanico-biologico. Seicento milioni andranno invece a finanziare tecnologie innovative di riciclo; in particolare, per Raee, carta, riciclo meccanico e chimico della plastica e rifiuti tessili.
Oltre al capitolo dedicato alla “gestione efficiente e sostenibile dei rifiuti e il paradigma dell’economia circolare”, anche in altre parti del Pnrr sono presenti finanziamenti potenzialmente connessi all’economia circolare. Tra i principali, 1,9 miliardi per la produzione di biometano; 2,8 miliardi per la bioeconomia e l’agricoltura sostenibile.
Un primo punto critico, se vogliamo di tipo “concettuale”, è la visione troppo centrata sul settore dei rifiuti e del riciclo. Come sappiamo, l’economia circolare è molto altro, è un nuovo paradigma produttivo. Diversi interventi hanno sottolineato la mancanza, ad esempio, di un riferimento esplicito alla produttività delle risorse, ovvero la correlazione tra efficienza nell’uso dei materiali e produzione di ricchezza.
Ma ciò che preoccupa particolarmente è l’iter procedurale dei progetti. Il miliardo e mezzo per l’impiantistica dovrà essere assegnato tramite avvisi pubblici e bandi. Fondamentale sarà il ruolo degli enti locali: “Dobbiamo assolutamente correre per poter attuare i progetti – ha ricordato Alessandra Sartore, sottosegretaria al ministero dell’Economia e delle Finanze – Occorre un grande impegno degli enti locali, che, da dieci anni a questa parte, sono carenti di risorse professionali: i vincoli di bilancio hanno impedito un rinnovamento dei dirigenti pubblici. Ci sarà un gran bisogno di aiuto e supporto tecnico per la progettazione”. Il supporto alle amministrazioni locali è considerato cruciale anche dal presidente del Circular Economy Network, Edo Ronchi: “Tanti piccoli Comuni rischiano di essere tagliati fuori”.
Altro tema caldo: le semplificazioni, una delle riforme abilitanti indicate dal Piano. E quindi, per ciò che ci riguarda, parliamo fondamentalmente degli iter autorizzativi troppo lunghi e complessi per l’impiantistica. Rischiamo di mancare le scadenze vincolanti per utilizzare i soldi europei. “Dovendo impegnare i fondi nel 2023 e spenderli nel 2026 – ha aggiunto la sottosegretaria Sartore – ben venga una semplificazione non solo di tipo autorizzatorio ma anche contabile”.
Parlare di semplificazioni significa parlare di normativa End of Waste, quella in base alla quale un rifiuto cessa di essere tale per divenire risorsa da riutilizzare per finalità produttive, come materia prima seconda. “Anche io mi dichiaro insoddisfatto per le autorizzazioni caso per caso affidate alle Regioni – ha specificato Edo Ronchi – Bisogna accelerare. Le autorizzazioni per l’End of Waste dovrebbero essere più rapide rispetto a quelle per le attività di smaltimento. Allo stesso tempo sono troppo lunghi e complicati i decreti ministeriali sui singoli materiali”.
C’è infine la riforma fiscale. Qui si trova un’altra carenza del Pnrr. “Nei criteri indicati nel Piano nazionale di ripresa e resilienza – ha ricordato Ronchi – non ci sono criteri di fiscalità ecologica né di carbon pricing. Dobbiamo seguire con attenzione l’iter del disegno di legge all’esame del Parlamento. Dobbiamo spingere su due punti: la fiscalità per la circolarità e le forme di carbon pricing”.