Legambiente presenta il Rapporto Cave 2021: aumentano le cave abbandonate e diminuiscono quelle attive. Ma il riciclo non decolla
Sono 4.168 in Italia le cave attualmente autorizzate tra attive o momentaneamente ferme, diminuite rispetto alle 4.752 del 2017 e alle 5.725 del 2008. Un dato confortante solo in apparenza, visto che in realtà la chiusura delle cave attive è strettamente connessa alla crisi del settore edilizio e non è collegata all’incremento della capacità di riciclo dei materiali da costruzione.
Sono alcuni dei dati presentati nel Rapporto Cave 2021 di Legambiente che nel fotografare la situazione nel nostro Paese sottolinea la necessità di ridurre il prelievo di materiali dalle cave e spingere sul recupero e riciclo dei materiali dal settore edile.
Le cave di inerti e quelle di calcare e gesso rappresentano oltre il 64% del totale delle cave autorizzate in Italia, l’81% se si considerano le quantità estratte. Ogni anno si estraggono 29,2 milioni di metri cubi di sabbia e ghiaia per le costruzioni, 26,8 milioni di metri cubi di calcare e circa 6,2 milioni di metri cubi di pietre ornamentali.
L’applicazione di modelli circolari è fondamentale non solo in termini ambientali e paesaggistici, ma anche per rilanciare il settore delle costruzioni. Numerosi studi evidenziano come la filiera del riciclo in edilizia garantisca il 30% di occupati in più a parità di produzione.
Una sfida ambiziosa se si pensa che oggi in Italia siamo ben lontani dall’obiettivo di recupero del 70% fissato al 2020 dalla direttiva europea 2008/98/CE. “Se infatti – osserva il Rapporto – l’obiettivo Ue sembra raggiunto con il 74% di recupero dei circa 60 milioni di tonnellate da costruzione e demolizione prodotti annualmente in Italia, nella pratica quel 74% indica solo che questi rifiuti sono stati registrati in un impianto. Si tratta di materiali recuperati ma poi stoccati senza alcun reimpiego effettivo. Purtroppo la verità è che gran parte dei rifiuti da costruzione e demolizione non è dichiarata e viene ancora oggi abbandonata illegalmente sul territorio. Anche perché solo le imprese di una certa dimensione vengono incluse nelle statistiche ufficiali”.
Eppure esempi concreti di buone pratiche di economia circolare in edilizia ci sono già e sono riportati nel Rapporto di Legambiente. “Ad esempio, nei cantieri di demolizione realizzati dall’azienda dell’edilizia pubblica di Ferrara e nell’abbattimento dell’ospedale di Prato si è riusciti a recuperare il 99% di materiali dalle demolizioni selettive di edifici, da riutilizzare creando nuove imprese nei territori. Si possono creare intere filiere di materiali ad impatto zero o rifare centinaia di chilometri di superfici stradali, piste ciclabili, aree aeroportuali, con materiali riciclati al 100%.”
Servono però politiche ambiziose e coerenti. Primo passaggio chiave è l’approvazione dei decreti End of waste fondamentali per garantire il passaggio da rifiuti a materiali per le costruzioni e l’approvazione di Criteri ambientali minimi per le infrastrutture e per l’edilizia, in modo da dare riferimenti chiari ai cantieri pubblici e privati.