Ogni anno si producono 100 mila tonnellate di questi rifiuti e il fine vita di molti impianti eolici aggraverà la situazione
Tra i decreti End of Waste per i quali in Italia non è ancora stato avviato l’iter di approvazione c’è quello relativo ai rifiuti in vetroresina. Ogni anno in Europa si producono circa un milione di tonnellate di rifiuti in vetroresina, circa 100 mila in Italia. Provengono principalmente dalla demolizione delle imbarcazioni e dagli impianti eolici, anche se la vetroresina (Glass Fiber Composite – GFC) è utilizzata anche nel setttore aerospaziale, aeronautico, automobilistico, edilizia e biomedico.
Oggi il trattamento di questo materiale è piuttosto complesso: la vetroresina è un polimero termoindurente, difficilmente riciclabile. Di conseguenza il 90% di questi rifiuti finisce nelle discariche o negli inceneritori, senza alcuna possibilità di riutilizzo o re-immissione nelle filiere produttive.
E si stima che i rifiuti in fibra di vetro aumenteranno, considerando che molti impianti eolici stanno arrivando a fine vita. Complessivamente le vecchie pale da smaltire potrebbero raggiungere le 400.000 tonnellate l’anno nel 2030 e ben due milioni di tonnellate entro il 2050.
Una soluzione potrebbe arrivare da Aker Offshore Wind, Aker Horizons e dall’Università scozzese di Strathclyde che hanno firmato un memorandum d’intesa per accelerare lo sviluppo di processi di recupero per i prodotti in fibra di vetro usati. I loro sforzi includono la commercializzazione di un processo sviluppato da Strathclyde per il recupero di fibre di vetro di “qualità quasi vergine” dai rifiuti di compositi polimerici rinforzati con vetro..
La tecnologia messa a punto dall’Università scozzese trasforma i rifiuti in fibra riutilizzabile che – nelle stime degli studiosi – potrebbe coprire il 50% della domanda globale di fibra di vetro. Il processo evidentemente riguarda non solo l’industria eolica, ma anche l’automotive, il settore nautico, l’edilizia, gli articoli sportivi.