Economia circolare: appuntamento al 23 marzo

di Antonio Cianciullo

L’accelerazione sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza finisce inevitabilmente per mettere in primo piano la questione dell’economia circolare. A oggi infatti si registra un gap preoccupante tra lo stato dei fatti e il livello a cui occorre arrivare: nella bozza del Pnrr manca una visione matura delle potenzialità dell’economia circolare. Rifacendo i conti, misurando la distanza dagli obiettivi, il deficit di circolarità dei progetti sarà evidenziato. E, speriamo, colmato.

Un contributo in questa direzione viene dal Rapporto del Circular Economy Network che sarà reso noto il 23 marzo. In occasione della Terza Conferenza nazionale sull’economia circolare a cui parteciperanno, tra gli altri, il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani, il segretario della Cgil Maurizio Landini, l’eurodeputata Simona Bonafè. Sarà l’occasione per mettere a fuoco le strategie per rilanciare l’approccio circolare all’economia.

Si parte dal Rapporto che contiene la fotografia più aggiornata del Paese su questo fronte. Un fronte strategico per il contenimento della crisi climatica, per il rilancio dell’occupazione, per la difesa della coesione sociale. La fotografia dello stato dei fatti è accompagnata da due elementi che permettono di inquadrarla meglio: il rapporto con la crisi climatica e l’evoluzione della normativa europea e italiana in questo campo.

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Bisogna ripartire cambiando marcia. L’emergenza sanitaria che stiamo attraversando da oltre un anno ha rallentato il sistema economico ma ci ha anche permesso di cogliere alcuni aspetti essenziali della crisi che stiamo attraversando. Il primo è che questa decrescita improvvisa e forzata è tutt’altro che felice. Aver fermato il motore di un sistema produttivo ad alto livello d’inquinamento ha dato un sollievo solo momentaneo agli ecosistemi.

Secondo un’analisi resa nota pochi giorni fa dall’Enea, nel 2020 si è registrato un calo record dei consumi di energia (-10%) e di emissioni di CO2 (-12%), ma a prezzo di un tracollo del Paese che il dato del Pil (-8,8%) non basta a misurare. Ci sono ferite legate all’aumento dei morti e delle ospedalizzazioni, alle tensioni in situazioni familiari difficili che male hanno sopportato la clausura forzata, a una generazione di giovani privata a lungo di strumenti essenziali di socializzazione e sviluppo.

A fronte di questi danni, i benefici ambientali che alcune cronache hanno fatto brillare (meno inquinamento, le acque che tornano pulite, gli animali in città) si sono rivelati effimeri, a pandemia ancora in corso. La concentrazione di CO2 in atmosfera ha continuato a crescere nel 2020, a un ritmo poco inferiore a quelle registrato negli anni precedenti. E secondo i dati dell’Agenzia internazionale dell’energia, già nel dicembre scorso le emissioni serra sono aumentate del 2% rispetto ai livelli del dicembre 2019, cioè della situazione precedente al blocco causato dal coronavirus.

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“Nel marzo 2020, l’Iea ha esortato i governi a mettere l’energia pulita al centro dei loro piani di stimolo economico per garantire una ripresa sostenibile”, ha dichiarato Fatih Birol, direttore dell’Agenzia internazionale dell’energia. “Ma i nostri numeri mostrano che stiamo tornando a un business as usual ad alta intensità di carbonio. Quest’anno è fondamentale per l’azione internazionale per il clima – ed è iniziato con grandi speranze – ma questi ultimi numeri rappresentano un drammatico promemoria dell’immensa sfida che dobbiamo affrontare per trasformare rapidamente il sistema energetico globale”.

Siamo in ritardo. E se non spingiamo sul pedale dell’economia circolare non riusciremo a recuperare.