Secondo un report dell’Aea nella produzione e consumo della plastica serve un approccio sostenibile e circolare
Se finalmente sta crescendo l’attenzione legata al corretto smaltimento dei rifiuti plastici – grazie anche alle immagini di mascherine e guanti monouso dispersi nell’ambiente – non altrettanto si può dire per la consapevolezza sugli altri impatti prodotti dalla plastica. Che iniziano ben prima che questa diventi rifiuto. Li ha analizzati il rapporto dell’Aea – l’Agenzia europea dell’ambiente “Plastics, the circular economy and Europe’s environment – A priority for action“.
“Le sfide poste dalla plastica sono in larga misura dovute al fatto che i nostri sistemi di produzione e consumo non sono sostenibili”, ha affermato Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’Aea. “La pandemia e il cambiamento climatico hanno amplificato l’attenzione dell’opinione pubblica per la crisi dei rifiuti di plastica che dobbiamo affrontare. È chiaro che il modo migliore è passare a un’economia della plastica fondamentalmente sostenibile e circolare, in cui usiamo la plastica in modo molto più saggio riutilizzandola e riciclandola meglio. Inoltre, la produzione di plastica da materie prime rinnovabili dovrebbe essere il punto di partenza”.
In pratica il primo problema legato alla plastica è rappresentato dal modo insostenibile con cui la produciamo e la consumiamo. Oggi il 99% della plastica è prodotta da fonti fossili con pesanti conseguenze per l’ambiente e con l’aggravamento del rischio climatico. Già in fase di estrazione di gas e petrolio, infatti, si generano emissioni di gas serra e di altri inquinanti. Se la produzione e il consumo di plastica cresceranno come indicato da alcune stime (raddoppio in 20 anni) entro il 2050 l’industria della plastica sarà responsabile del 20% del consumo mondiale di petrolio, il triplo rispetto all’attuale 7%.
Una catastrofe in termini di emissioni considerando che oggi le emissioni annue connesse alla produzione di plastica nell’Unione europea ammontano a circa 13,4 milioni di tonnellate di CO2, pari a circa il 20 % delle emissioni dell’industria chimica europea.
Si consuma troppa plastica. In media complessivamente ogni persona consuma 45 chili di plastica all’anno, dato che triplica se si guarda all’Europa occidentale dove si attesta quota 136 chili. Si usa nel packaging, nelle costruzioni, nell’automotive, settori che complessivamente consumano il 70% della plastica utilizzata in Europa. Solo il packaging è responsabile del 40% della domanda.
L’unica via d’uscita indicata dall’Aea è rivedere in chiave sostenibile e circolare l’intero approccio alla produzione e consumo della plastica. Un passaggio che l’Europa è già in grado di compiere a patto di coinvolgere decisori politici, aziende e consumatori. Tre i percorsi indicati dall’Agenzia.
Primo: favorire un uso più intelligente della plastica riservandolo solo ai casi in cui non è possibile utilizzare alternative.
Secondo: aumentare la circolarità dei prodotti in plastica, grazie a una progettazione più attenta, facilitandone la raccolta e il recupero e supportando un mercato per il riuso e il riciclo della plastica.
Terzo: ridurre la plastica prodotta da fonti fossili preferendo la plastica prodotta da materie prime rinnovabili. Si tratta di materie plastiche prodotte in tutto o in parte da materie prime biologiche, come oli, amidi e zuccheri provenienti da colture agricole.