Il contributo degli operatori di settore, finora inascoltati, nel webinar organizzato dal CEN per discutere del Programma nazionale di gestione dei rifiuti
Nell’ultima bozza circolata del PNRR, il Piano nazionale ripresa e resilienza, c’erano 4,5 miliardi di euro per il tema dell’economia circolare. E 1,5 miliardi per la realizzazione di nuovi impianti di riciclo e l’ammodernamento di quelli esistenti. Per il momento siamo ancora a una macro-allocazione di risorse che dice poco su come effettivamente verranno utilizzate le risorse previste.
Secondo molti esperti, si tratta di uno stanziamento insufficiente per la sfida epocale della circolarità. Ma, al di là di ciò, sono comunque un mucchio di soldi che andranno ben impiegati. Come?
I contenuti del piano per il Recovery Fund andranno delineati e limati entro l’aprile di quest’anno. Contemporaneamente è in discussione un altro documento che dovrebbe governare le scelte di policy e investimento del nostro Paese per ciò che concerne il ciclo dei rifiuti e la filiera del riciclo. Si tratta del Programma nazionale per la gestione dei rifiuti, documento che mira a individuare “obiettivi, flussi e criteri”, e coordinare la gestione regionale.
“È bene chiarire che con questa norma la pianificazione regionale permane, ma attualmente esistono delle criticità in talune regioni che intendiamo superare, estendendo a tutto il territorio nazionale i modelli più virtuosi” ha dichiarato in novembre il ministro Sergio Costa, in concomitanza dell’avvio del tavolo istituzionale tra Ministero, Regioni e Province autonome sui contenuti del Programma. “Il Piano – ha aggiunto Costa – costituisce uno strumento di indirizzo volto a garantire criteri omogenei di applicazione sul territorio e ad estendere le best pratices”.
È chiaro come le indicazioni strategiche del primo debbano coordinarsi con gli obiettivi del secondo. I due documenti plasmeranno le politiche del nostro Paese sul tema dell’economia circolare, ed è bene che se ne discuta coinvolgendo tutti gli stakeholder. Compresi gli operatori industriali finora inascoltati, come lamentano molte imprese e associazioni di categoria. Un momento di confronto, nel quale si sono intrecciate riflessioni sull’uno e l’altro documento, si è avuto nel corso del webinar promosso dal Circular Economy Network lo scorso 26 gennaio. Un appuntamento molto partecipato, con circa 200 iscritti, nonostante l’argomento decisamente tecnico.
Ci sono alcune domande inevase alle quali dobbiamo, come Paese, rispondere per dare una direzione chiara alle policy in materia, è stato osservato. Ed è stato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, ad esplicitarle.
“Abbiamo una bozza di Recovery Plan che prevede 1,5 miliardi per impianti di riciclo – ha detto Ronchi – Quali impianti riteniamo strategici al punto da prevedere un investimento pubblico? Fino ad oggi, nel settore dei rifiuti, le risorse sono arrivate o dai privati o dalla tariffa rifiuti. Ora, abbiamo questo nuovo canale di investimento, ma ancora nessuno ha detto quali impianti si dovrebbero finanziare. Io credo che vadano finanziati gli impianti innovativi che hanno difficoltà a reperire risorse autonomamente sul mercato, perché richiedono ancora ricerca e sviluppo. Penso alle tecnologie per il trattamento delle plastiche miste, per la chiusura del ciclo di rifiuti particolari come i veicoli a fine vita. Oppure alle tecnologie per la produzione di idrogeno da rifiuti o le tecnologie per un maggiore impiego delle materie prime seconde”.
Nella pianificazione nazionale – ha aggiunto Ronchi – bisogna dare delle indicazioni su quali sono le tecnologie su cui puntare e anche sulla taglia degli impianti. Si pensi agli impianti per il trattamento della frazione organica, di cui il nostro Paese ha un disperato bisogno: “Alcune Regioni danno indicazioni per impianti di piccola taglia. Ma poi questi impianti non si realizzano perché non ci sono le economie di scala. Abbiamo bisogno di impianti industriali che facciano biometano e compost di qualità. Strutture che servano a una filiera industriale. Il piano nazionale della gestione dei rifiuti deve dare indirizzi chiari su questi temi”.
Il nodo cruciale, dunque, rimane quello dell’impiantistica. Ma non solo. C’è poi la necessaria opera di velocizzazione degli iter autorizzativi e delle pastoie burocratiche. Emblematica la vicenda End Of Waste. “Finalmente – ha sottolineato Ronchi – nel Recovery Plan c’è un esplicito riferimento a una revisione normativa. La procedura End Of Waste per come è fatta oggi non va bene. Va cambiata, semplificata e accelerata. E questo non si fa con l’aggiunta di controlli di secondo grado”.