Federbeton: investiti 110 milioni di euro in sostenibilità

Il rapporto di Federbeton traccia il percorso verso la transizione circolare  della filiera del cemento e calcestruzzo

Nel 2019 oltre 311 mila tonnellate di emissioni di CO₂ evitate e 1,6 milioni di tonnellate di materiali alternativi utilizzati in sostituzione di materie prime naturali nel processo produttivo. 

Sono due dei dati più significativi evidenziati dal Rapporto di Sostenibilità di Federbeton realizzato sulla base delle performance delle aziende riunite in Aitec e Atecap, le associazioni dei produttori di cemento e calcestruzzo. 

Numeri che raccontano il percorso che l’intera filiera produttiva italiana  del calcestruzzo e del cemento sta compiendo verso una maggiore sostenibilità svolgendo un ruolo attivo nella transizione verso l’economia circolare, fondamentale anche per contribuire al contenimento dei cambiamenti climatici. 

Un primo risultato è rappresentato dalle oltre 311 mila tonnellate di CO₂ non emesse in atmosfera. È un miglioramento dell’11,9% rispetto all’anno precedente, possibile anche grazie all’impiego di biomassa nei combustibili di recupero impiegati nella produzione del cemento.

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Recupero di materia e di energia sono infatti i due aspetti chiave  su cui puntare per ridurre l’impatto ambientale  del settore e realizzare un modello circolare virtuoso, in grado di produrre a sua volta valore economico. 

Nella filiera italiana  nel 2019 – si legge nel Rapporto Federbeton – per quanto riguarda l’utilizzo di combustibili di recupero in sostituzione di quelli fossili la percentuale si attesta intorno al 20%. Registrando un lieve incremento rispetto al 2018, ma ancora lontana dalla media europea del 47%.

Per migliorare le proprie prestazioni nel triennio 2017-2019, i settori del cemento e del calcestruzzo hanno stanziato oltre 110 milioni di euro a favore del miglioramento continuo degli impianti e della salvaguardia della salute e sicurezza dei propri collaboratori e di tutta la filiera.

L’utilizzo di materiali di recupero, sottoprodotti ed End of Waste nel processo produttivo del cemento rappresenta un modo per ridurre il conferimento in discarica di materiali di scarto come plastiche, pneumatici, fanghi, inerti da costruzione e demolizione, nonché rifiuti urbani e industriali, riducendo al contempo il consumo di risorse non rinnovabili e le emissioni di CO2.

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Inoltre nel 2019 il settore del cemento ha recuperato quasi 1,6 milioni di tonnellate di materiali alternativi a quelli di origine naturale, con un tasso di sostituzione che si attesta al 6,7%, registrando un aumento di 0,7 punti percentuali rispetto al 2018.  In pratica, anziché utilizzare materie prime provenienti dalle attività estrattive (cave e miniere) come calcare, argilla e scisti, vengono utilizzati materiali alternativi provenienti da altri settori industriali, ad esempio ceneri volanti, gessi chimici, scorie d’alto forno, scaglie di laminazione. 

“Le imprese cementiere, nel solco dell’economia circolare e dell’impegno alla mitigazione dei cambiamenti climatici, hanno progressivamente aumentato i tassi di sostituzione di combustibili fossili e materie prime naturali, e sono tecnologicamente predisposte a sostituire almeno il 50% dei combustibili fossili con i CSS, fino a raggiungere i livelli di utilizzo al pari dei propri competitor europei”, si legge nel rapporto. “Per colmare le differenze con l’Europa è tuttavia necessario un intervento da parte della politica a favore del superamento della sindrome Nimby,  così come la semplificazione dei processi autorizzativi, di durata incerta, che scoraggiano le aziende dal porre in essere investimenti, anche economicamente onerosi, senza alcuna ragionevole certezza sugli esiti dei procedimenti”. 

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