Così il marine litter diventa gasolio

Cnr Ismar di Venezia ha realizzato un prototipo portabile che a costi contenuti ottiene carburante per imbarcazioni dai rifiuti plastici marini

Recuperare i rifiuti marini e trasformarli in carburante per le imbarcazioni. E’ stato l’obiettivo del progetto marGnet (Mapping and recycling of marine litter and ghost nets on the sea-floor) che – coordinato dal Cnr Ismar di Venezia –  ha realizzato un dispositivo in grado di ottenere carburante dalle plastiche disperse in mare.

I rifiuti plastici dispersi in mare rappresentano un problema ambientale e sanitario serissimo,  visti i numeri di cui si parla. Secondo il Wwf, ogni anno finiscono nel Mediterraneo 570.000 tonnellate di plastica: e come se 33.800 bottigliette di plastica venissero gettate in mare ogni minuto. E nell’80% dei casi questi rifiuti finiscono sui fondali marini.

Il dispositivo sviluppato –  ancora allo stato di prototipo – è stato messo a punto nell’ambito del progetto marGnet (Mapping and recycling of marine litter and ghost nets on the sea-floor” ). In pratica attraverso un processo di pirolisi a basse temperature (un processo chimico che decompone i materiali mediante calore e in assenza di agenti ossidanti) ricava carburante dai rifiuti plastici.

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La prima fase consiste nel monitoraggio e quantificazione dei rifiuti depositati sui fondali (ad esempio reti da pesca, bottiglie, flaconi, taniche, buste, lenze). Poi si passa al recupero e quindi al riciclo chimico. Un vantaggio particolare di questo processo sta nella semplicità del processo. “In pratica si possono utilizzare i rifiuti marini recuperati senza necessità di particolari pretrattamenti che di fatto hanno minato la sostenibilità economica delle soluzioni di riciclaggio di tipo meccanico tentate finora a livello internazionale”, spiega Fantina Madricardo, ricercatrice del Cnr-Ismar e coordinatrice del progetto.

Le prime sperimentazioni del prototipo sono state avviate a partire dal 2019 in due siti pilota del mar Adriatico: la laguna di Venezia e l’arcipelago di Cherso e Lussino, in Croazia. Ne sono emersi dati incoraggianti. La resa in carburante ha superato il 50% in peso della plastica utilizzata e anche l’analisi del combustibile ottenuto ha mostrato buoni risultati in termini di qualità. Per migliorare l’efficienza del processo nei prossimi mesi i ricercatori eseguiranno ulteriori test finalizzati – ad esempio – a rilevare la presenza di elevate quantità di poliammidi nel materiale di partenza, cosa che fa abbassare sensibilmente la resa in carburante.

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Tre le tipologie di carburante ottenute: carburante leggero e di alta qualità utilizzabile come materia prima per la produzione di nuovi polimeri vergini, gasolio marino che rappresenta il target del progetto e olio combustibile intermedio.

Inoltre,  campioni di carburante sono stati inviati a laboratori specializzati per verificarne la corrispondenza con gli standard tecnici ISO 8217 per i carburanti marini per garantire il rispetto delle normative in termini di prestazioni del motore delle imbarcazioni e di protezione ambientale. Alla fine di questa fase di controllo, il gasolio prodotto sarà consegnato ad alcune cooperative di pescatori che lo testeranno e forniranno feedback per perfezionare, se necessario, il processo di produzione.

Finanziato dal Fondo Europeo per gli Affari marittimi e la Pesca attraverso l’Agenzia Europea per le Piccole e Media Imprese, il progetto punta a creare una filiera ecosostenibile per la gestione dei rifiuti che inquinano le nostre acque, capace di superare le normative che ostacolano la realizzazione sul territorio nazionale di impianti industriali di pirolisi alimentati dai rifiuti marini, e riuscire così a chiudere il ciclo del recupero delle plastiche.

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