di Antonio Cianciullo
Oggi, Giornata mondiale dell’alimentazione, in molti hanno denunciato lo spreco alimentare. Ma fermarsi all’aspetto etico della questione – pur centrale – significherebbe non comprendere le dimensioni della sfida che ci sta di fronte. Cioè il fatto che lo sperpero di 1,3 miliardi di tonnellate di cibo comporta un costo enorme in termini di ambiente, energia, materia utilizzata. Lo spreco è un termometro di inefficienza, l’antitesi dell’economia circolare.
Sono questi i valori a cui ha fatto riferimento il presidente della Repubblica nel suo intervento in occasione della Giornata dell’alimentazione: “Il cibo, con il suo legame con la storia e le culture, va celebrato come un nobile valore sconfiggendo l’odiosa abitudine dello spreco. È questo un momento di scelte decisive per l’intero pianeta basato sul riconoscimento del valore dell’attività agricola, su un uso responsabile delle risorse naturali, sulla preservazione della biodiversità e degli ecosistemi, sul rafforzamento e la sostenibilità dei sistemi agro-alimentari di ciascuna comunità, al fine di assicurare un’alimentazione sana e sufficiente”.
Evitare lo spreco significa utilizzare le risorse della natura invece dell’overdose chimica. Difendere la biodiversità con la sua varietà di piante capaci di sopravvivere in condizioni critiche come quelle in cui ci sta facendo piombare la crisi climatica. Ridurre drasticamente i viaggi di migliaia di chilometri per alimenti che sono disponibili nelle vicinanze. Rendere più efficienti le catene di distribuzione e di conservazione. Cambiare piccole abitudini quotidiane che portano a riempire il cestino della spazzatura più della tavola.
In Italia solo a livello domestico sprechiamo più di 2 milioni di tonnellate di cibo edibile all’anno, che equivalgono a quasi 12 miliardi di euro. E a livello globale lo spreco di cibo arriva quasi un terzo della produzione. Buttiamo un fiume di alimenti – che sono costati terra fertile, acqua, emissioni serra, rifiuti – e nello stesso tempo una persona su nove è denutrita.
Una dimensione che suggerisce la necessità di una riflessione sul sistema produttivo agricolo, e in particolare sul meccanismo di produzione lineare che, nell’ultimo secolo, ha premiato la quantità più che la qualità, l’accumulo più che l’uso.
Tra i suggerimenti indicati da Fao e Ispra per ridurre la piaga dello spreco ci sono: il supporto a reti alimentari locali, solidali, di piccola scala ed ecologiche; la tutela dell’agricoltura contadina e dell’accesso alla terra; l’agro ecologia e la tutela dell’agro biodiversità; l’agricoltura sociale, urbana e nelle aree interne; il contrasto agli illeciti; il sostegno alle attività di ricerca.
E, nella Giornata mondiale dell’alimentazione, è arrivata anche una piccola buona notizia. In cinque anni, agendo sui menu scolastici, Milano è riuscita a ridurre gli sprechi e a tagliare del 20% le emissioni equivalenti di CO2. Si tratta del miglior risultato ottenuto a livello non solo locale, ma anche europeo e internazionale, tra i 38 aderenti all’iniziativa Cool Food Pledge, realtà della ristorazione collettiva che preparano complessivamente 940 milioni di pasti all’anno.