Economia circolare e Recovery Fund: la partita vera inizia ora

di Fabrizio Vigni

Quanto e come i Piani nazionali di ripresa, con l’utilizzo del Recovery Fund, riusciranno ad accelerare la transizione verso l’economia circolare? La domanda è semplice, ma ancora senza risposte. Quel che è certo, ad oggi, è che per fronteggiare la crisi economica causata dalla pandemia l’Unione europea ha messo in campo una quantità di risorse senza precedenti. Altrettanto certo è che le scelte dei governi determineranno la direzione della ripresa economica, a breve e a lungo termine. Siamo di fronte dunque a una opportunità da non sprecare, se vogliamo davvero orientare l’economia verso un modello circolare. Qui finiscono le certezze, e cominciano le domande. Su quali progetti è bene concentrare gli interventi? Da dove cominciare? Già a luglio il Circular Economy Network ha presentato una serie di proposte per il Recovery Plan nazionale. Ora a richiamare nuovamente l’attenzione su questo tema è un documento della Ellen MacArthur Foundation.

Le politiche per l’economia circolare, ribadisce la Ellen MacArthur Foundation, possono svolgere un ruolo fondamentale nei pacchetti di ripresa, in ogni parte del mondo, stimolando la creazione di valore e la resilienza dei sistemi economici. Puntare sull’economia circolare è fondamentale perché significa promuovere l’innovazione e la competitività, aumentare la produttività, ridurre gli impatti ambientali e la dipendenza dalle risorse, favorire una ripresa economica a basse emissioni di carbonio. Il documento della Ellen MacArthur Foundation indica una serie di opportunità di investimento in alcuni settori chiave: le costruzioni, con la riqualificazione degli edifici ed il riutilizzo dei materiali; la mobilità, con la realizzazione di infrastrutture multimodali e attività di rigenerazione e riparazione nell’industria automobilistica;  gli imballaggi in plastica, con lo sviluppo di modelli di business innovativi e infrastrutture di riciclaggio; il cibo, con modelli di agricoltura rigenerativa e impianti di recupero degli scarti alimentari; la moda, con modelli di business innovativi e impianti di valorizzazione dei rifiuti tessili.

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Ma cosa sta avvenendo, nel frattempo, per quanto riguarda le decisioni sull’utilizzo delle risorse? In questa fase i governi nazionali stanno predisponendo la cornice programmatica per la definizione dei progetti da presentare per l’accesso ai finanziamenti. Lo ha già fatto il governo francese, ad esempio, con un documento che dedica ampio spazio agli obiettivi connessi alla transizione ecologica. Quanto al nostro paese, il governo ha presentato, attraverso il Comitato interministeriale per gli affari europei, le “Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”.  Un documento sintetico, fin troppo, che si limita a indicare le aree di intervento prioritarie: digitalizzazione, transizione ecologica, formazione e ricerca, infrastrutture e mobilità, salute, equità sociale e territoriale, più un ulteriore capitolo sulla competitività del sistema produttivo. Quanto all’economia circolare, viene indicata tra gli obiettivi connessi alla transizione ecologica ma in maniera sbrigativa e imprecisa, esplicitando come unici temi di riferimento i rifiuti e, con un riferimento peraltro fuori contesto, le fonti rinnovabili.

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Insomma, non sembra la migliore delle partenze possibili. Ma è evidente, in ogni caso, che non bastano le linee guida. La partita vera inizia ora. E’ quella che porterà, nel corso dei prossimi tre o quattro mesi, alla definizione dei progetti, necessariamente concreti e dettagliati, da presentare a gennaio all’Unione europea. Tra il 2021 e il 2022 l’Italia potrà utilizzare il 70% dei fondi europei ad essa destinati, il resto arriverà nel 2023. L’importo stimato, al momento, è di 191 miliardi, di cui 63,7 di sussidi e 127,6 di prestiti, sui 209 complessivamente previsti. Una straordinaria, irripetibile opportunità per il nostro paese. A condizione che queste risorse siano davvero utilizzate come investimento sul futuro: non disperse in mille rivoli, ma concentrate sulle priorità strategiche decise dall’Ue. A cominciare dalla transizione ecologica, di cui l’economia circolare è un pilastro fondamentale.