Ogni anno ogni abitante del pianeta produce 7,3 chili di rifiuti elettrici ed elettronici. La fotografia scattata dal Global E-waste Monitor 2020 impone un cambio di rotta verso un modello circolare
Nel 2019 sono stati prodotti nel mondo 53,6 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, come dire 7,3 chili a persona neonati compresi. In valore assoluto è l’Asia il continente che genera il maggior volume di Raee (24,9 milioni di tonnellate), seguita dall’America (13,1 milioni di tonnellate). Se invece si guarda alla produzione pro capite, è l’Europa in vetta alla classifica con 16,2 chili di Raee a persona (Italia a 17,2 chili).
Dai dati pubblicati nello studio Global E-waste Monitor 2020 delle Nazioni Unite emerge soprattutto come la crescita di questi scarti sembra essere fuori controllo, con un aumento di 9,2 milioni di tonnellate rispetto a soli 5 anni fa. Un incremento che si spiega non solo con un maggior consumo di tecnologia a livello planetario, ma anche con il ridotto ciclo di vita degli apparecchi stessi – leggi obsolescenza programmata – e con una scarsa propensione alla loro riparazione da parte dei consumatori.
Alla luce di queste tendenze lo studio prevede che i Raee entro il 2030 arriveranno a 74 milioni di tonnellate, rendendo i rifiuti elettronici il flusso di scarti con la più rapida crescita al mondo.
“Le quantità di rifiuti elettronici stanno aumentando tre volte più velocemente della crescita della popolazione mondiale”, si legge nel rapporto. “Questo crea notevoli pressioni ambientali e sanitarie e dimostra l’urgenza di combinare la quarta rivoluzione industriale con l’economia circolare, lavorando soprattutto sul fronte dell’obsolescenza programmata e della progettazione”.
Gli impatti ambientali
E’ chiaro dunque che il problema chiave da risolvere è che solo una piccola quota di Raee oggi viene riciclata: il 17,4% per la precisione. Tutto il resto non segue percorsi di raccolta e recupero idonei e finisce spesso nelle discariche a cielo aperto sparse nel nostro pianeta. Uno smaltimento che ha pesanti impatti ambientali. Ad esempio – cita il rapporto – nel 2019 da frigoriferi e condizionatori d’aria scartati sono state rilasciate in atmosfera circa 98 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti, circa lo 0,3% delle emissioni di gas serra generate dal sistema energetico a livello globale.
Le conseguenze sulla salute
Senza contare che questa tipologia di rifiuti contiene spesso sostanze dannose e additivi pericolosi che, se non gestiti adeguatamente, possono avere effetti gravi anche per la salute umana. Il Global E-waste Monitor 2020 calcola che circa 50 tonnellate di mercurio, utilizzate in oggetti come monitor e sorgenti luminose fluorescenti e a risparmio energetico, sono presenti nei flussi non documentati di rifiuti elettronici.
Una miniera di materiali preziosi
Se la scorretta gestione dei Raee ha pesanti conseguenze ambientali e sanitarie, al tempo stesso i rifiuti elettronici sono una miniera di materiali preziosi da valorizzare attraverso l’economia circolare. Secondo il Global E-waste Monitor in quasi tutti i Raee, infatti, è possibile recuperare materiali di grande valore come oro, argento, rame, platino e ferro da utilizzare come materia prima seconda in nuovi cicli produttivi.
All’attuale tasso mondiale di recupero e riciclo oggi si riescono a recuperare 4 milioni di tonnellate di materiali per un valore complessivo di 10 miliardi di dollari. Ma se tutti i Raee venissero sottoposti a questo trattamento, la stima salirebbe a ben 57 miliardi di dollari. Con vantaggi anche in termini di emissioni: ad esempio il riciclo di ferro, alluminio e rame e quindi la mancata estrazione di materia prima farebbe risparmiare 15 milioni di tonnellate di CO2.