di Antonio Cianciullo
C’è bisogno di regole più semplici, di un’economia che riparta nella direzione giusta evitando lo spreco di energia e di materia, di una capacità di visione che vada oltre l’immediato in modo da incoraggiare gli investimenti e moltiplicare i posti di lavoro. Sarà possibile? Oggi le pressioni in senso contrario sono forti. La più pericolosa è la spinta a rinviare in un futuro indefinito il Green Deal e a imboccare la scorciatoia di una ripresa economica con il registro del ventesimo secolo: combustibili fossili, economia lineare, consumo di suolo.
C’è poi l’insidia, più sottile, dell’ipertrofia normativa. Talvolta pensata a fin di bene, la moltiplicazione di leggi che si sommano senza elidersi crea un quadro normativo che scoraggia gli investimenti e dunque l’innovazione. Senza indicazioni chiare e facilmente applicabili per una transizione in direzione di un modello a basso impatto ambientale e ad alto sostegno sociale, il rischio molto concreto è che l’economia rallenti rimettendo in moto solo la parte più arcaica del meccanismo produttivo, con tutti i rischi annessi.
Tuttavia altre forze in campo spingono in direzione opposta. “Mentre la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo ha dichiarato che si concentrerà sull’impatto economico della pandemia, il gruppo Investor Agenda, che gestisce collettivamente trilioni di dollari di attività, ha affermato che ‘i governi dovrebbero evitare di dare priorità a progetti rischiosi, ad alta intensità di emissioni e a breve termine’”, scrive la Ellen MacArthur Foundation. “I principi dell’economia circolare offrono soluzioni credibili: elementi di progettazione come riparabilità, riusabilità e potenziale di rigenerazione offrono notevoli opportunità di resilienza e competitività”.
Si tratta di dare sponde pratiche in Italia al rilancio in direzione di una maggiore sostenibilità. Più che uno sforzo di fantasia serve uno sforzo organizzativo perché le misure da adottare sono note e molte hanno un’anima circolare. Nelle città si va dal rilancio della sharing economy a una riprogettazione urbanistica e funzionale per limitare la necessità di lunghi spostamenti. Nelle campagne si tratta di ridurre l’uso della chimica di sintesi e delle colture estensive dando spazio all’agricoltura biologica: un cambio di passo che, sempre secondo i calcoli della Ellen MacArthur Foundation potrebbe tagliare 5,6 miliardi di tonnellate di emissioni di CO2. In campo legislativo si può cominciare a recepire la richiesta del Circular Economy Network: rispettare la direttiva europea abrogando, nello strumento legislativo di semplificazione annunciato dal governo, le norme che ostacolano la trasformazione, dopo idoneo trattamento, di un rifiuto in materia riutilizzabile.