End of waste: cosa funziona e cosa no

Di Edo Ronchi

Dopo una lunga e complessa discussione, la maggioranza al Senato ha faticosamente raggiunto un accordo accogliendo la richiesta,  sostenuta  da un largo schieramento di organizzazioni di imprese e di associazioni ambientaliste, di sbloccare il riciclo dei rifiuti, consentendo l’operatività delle autorizzazioni regionali caso per caso  sulla base dei nuovi criteri europei, facendo salve le autorizzazioni esistenti e abrogando  la norma introdotta con la legge “sblocca cantieri” che stava mettendo in crisi il settore.

È indubbiamente un accordo positivo perché appena la nuova norma, che dovrebbe essere inserita con un emendamento nella legge di conversione del decreto sulle crisi aziendali, sarà in Gazzetta, molte autorizzazioni regionali al riciclo dei rifiuti per nuove attività o per rinnovi potranno essere  rilasciate, con benefici ambientali , occupazionali ed economici .

Per tali autorizzazioni la nuova direttiva europea prevede che sia assicurata l’accessibilità in rete  e la proposta delle organizzazioni delle imprese prevedeva  l’istituzione di un apposito registro presso il Ministero dell’Ambiente il quale, utilizzando le sue competenze ordinarie, poteva disporre le opportune verifiche .

LEGGI ANCHE  Riparare, la via francese all’economia circolare

Questo emendamento prevede invece un meccanismo speciale di controllo delle “modalità operative e gestionali degli impianti di riciclo “ che sta suscitando perplessità e riserve sia di funzionalità, sia di efficacia. Il meccanismo si basa sulla facoltà attribuita al Ministero dell’Ambiente – nel caso accerti, col supporto di ISPRA, una non conformità  con gli atti autorizzativi e con le condizioni generali previste dalla direttiva  – di intervenire in via sostitutiva, dettando prescrizioni specifiche e vincolanti per le Regioni e per le imprese interessate , e di arrivare fino alla revoca delle autorizzazioni rilasciate dalle Regione, nel caso in cui tali sue prescrizioni non fossero applicate. Per essere funzionalmente inseriti nel nostro ordinamento – viste le competenze delle Regioni – e per essere effettivamente efficaci per la tutela ambientale – visto l’elevato numero di piccole e medie imprese interessate – a me pare che gli interventi ministeriali sostitutivi  dovrebbero essere meglio  circoscritti, anche tenendo conto delle  capacità operative dei competenti uffici centrali, sia del Ministero sia dell’ISPRA ,  e  limitati  ai  casi di non conformità che comportino  rischi o danni ambientali significativi, per i quali le Regioni non abbiano fatto il dovuto.

LEGGI ANCHE  Imballaggi, l’Italia vola nel riciclo: più del 70% 

Ma è lo speciale  meccanismo dell’intervento  centrale a campione istituito da questa norma che suscita le mie maggiori riserve  , anche come precedente. L’analisi a campione è  usualmente impiegata in campo ambientale:  i campioni sono  utilizzati come strumenti di analisi per valutare se e come intervenire su tutto l’oggetto interessato dal controllo e non  per interventi limitati al campione; anzi  la stessa tecnica di campionamento non deve essere  invasiva , per non causare danni ai soggetti coinvolti che potrebbe benissimo non essere inquinatori. Il  meccanismo speciale introdotto da questa norma  prevede, invece, che  le imprese che non rientrano nel campione escano dalla verifica , a prescindere dalla qualità ambientale della loro attività  . Le imprese  di riciclo che  – sulla base di criteri  che saranno definiti  dallo stesso controllore e non dalla norma – saranno invece oggetto dell’intervento di verifica a campione, a prescindere dalla qualità ambientale delle loro modalità operative e gestionali,  dovranno subire comunque un  nuovo procedimento – aggiuntivo alla procedura di autorizzazione e ai controlli ordinari –  oneroso,  lungo  e complicato, dalla  durata effettiva incerta, per il possibile superamento di alcuni dei tempi indicati . La verifica alla quale sono soggette le  modalità operative e gestionali  delle imprese del campione, inoltre, non riguardando solo  la conformità rispetto agli atti autorizzativi, ma  anche alle condizioni della nuova direttiva europea,  genera incertezza sull’efficacia conclusiva delle autorizzazioni rilasciate dalle Regioni: questa incertezza potrebbe rallentare gli investimenti e diventare un fattore di rischio che potrebbe aumentare i costi dei finanziamenti delle banche.

LEGGI ANCHE  Terre rare: una proteina aiuta a selezionarle

Sarebbe bene , come richiesto da molti, fare una valutazione più attenta di questo meccanismo speciale di controllo e prevedere una sua futura correzione .

dal blog di Huffington Post