Rifiuti da demolizione, pneumatici fuori uso, multimateriale da spazzamento stradale, imballaggi industriali, scarti di cartiera, biometano da rifiuti organici, apparecchiature elettriche ed elettroniche, oli e grassi animali e vegetali, vetroresina, polistirolo e terre e rocce da scavo. Sono i materiali che rischiano di essere esclusi dal sistema dell’economia circolare. Nel luglio 2018 è infatti entrato in vigore il pacchetto delle direttive Ue sull’economia circolare, le misure che secondo la Commissione europea possono produrre centinaia di migliaia di posti di lavoro e un aumento del Pil del 7%. Nel giugno 2019 – con la norma in materia di cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste) inserita nella legge n. 55 del 14 giugno 2019 di conversione del Decreto “Sblocca cantieri” – c’è stato un colpo di freno che ha riportato l’orologio dell’economia circolare a vent’anni fa, al decreto ministeriale del 5 febbraio 1998. Sono stati così messi a rischio due decenni di innovazione tecnologica in cui l’Italia ha giocato un ruolo di primo piano conquistando sul campo brevetti e quote di mercato.
Per questo, 56 organizzazioni imprenditoriali rappresentative dell’industria, dell’artigianato, dell’agricoltura, della cooperazione, dei servizi ambientali, hanno sottoscritto un appello al governo e al Parlamento per sbloccare il ciclo dei rifiuti e recepire rapidamente la normativa europea sull’End of Waste, cioè sulle regole che stanno consentendo ai nostri concorrenti, che iniziano ad applicarle, di guadagnare terreno sul fronte dell’efficienza dell’uso della materia e della diminuzione dell’impatto ambientale della produzione.
L’iniziativa è stata rilanciata questa mattina in una affollata conferenza stampa organizzata da Confindustria e dal Circular Economy Network. “Il sovra-costo sulla tassa rifiuti oppure sul rincaro dei prodotti si aggira attorno ai 2 miliardi euro in più all’anno: basterebbe una semplice norma da parte dello Stato che ripristini la possibilità di rilasciare le autorizzazioni alle attività di riciclo sul territorio per evitare questi costi”, ha dichiarato il direttore delle Politiche industriali di Confindustria, Andrea Bianchi. “A metà giugno è intervenuto il decreto “Sblocca cantieri” sull’argomento, però non ha risolto la situazione di stallo. Esclude le tecnologie più innovative e tutelanti per l’ambiente e la salute, nonché più competitive per la nostra economia, importatrice netta di materie prime dall’estero”.
“In 20 anni l’Italia ha fatto enormi progressi in questo campo: eravamo sopra all’80% dei rifiuti in discarica, oggi siamo al 23%”, ha aggiunto Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network. “E siamo anche al primo posto in Europa per le performance di economia circolare. Al primo posto per il recupero dei rifiuti speciali. Al secondo posto per il recupero dei rifiuti urbani. Chiediamo al governo di difendere la flessibilità e l’efficacia di questo sistema, evitando i pesanti impatti ambientali che deriverebbero dalla paralisi del riciclo dei rifiuti”.
ALLEGATI