Le città guideranno la riconversione circolare del cibo

Da qui al 2050 l’80% del cibo prodotto nel mondo sarà consumato nelle città. Questo vuol dire che le aree urbane avranno un ruolo fondamentale nel guidare la transizione verso un diverso sistema di produzione del cibo in grado di fornire alimenti sani, in quantità sufficiente a nutrire tutti gli esseri umani e senza distruggere l’ambiente, anzi migliorandolo.

Questa la conclusione contenuta nel nuovo Rapporto “Cities and circular economy for food” della Ellen McArthur Foundation. Secondo lo studio le città dovranno muoversi in 3 direzioni

  • ridurre gli sprechi
  • riutilizzare i sottoprodotti e gli scarti
  • pensare e commercializzare cibo più sano

Queste tre azioni messe insieme potrebbero produrre benefici per 2,7 trilioni di dollari all’anno.

Il cibo nelle nostre città

Infatti proprio perché l’80% del cibo finisce nelle città; le aree urbane hanno la capacità di influenzare significativamente i sistemi di coltivazione e di produzione, interagendo direttamente con i produttori locali. Spingendoli ad adottare approcci rigenerativi per il terreno, per esempio utilizzando fertilizzanti organici e non convenzionali, adottando la rotazione delle colture e promuovendo la biodiversità. Favorire l’approvvigionamento del cibo su scala locale è una scelta a portata di mano considerando che già oggi il 40% delle terre coltivate su scala mondiale sono entro 20 km dalle città. Inoltre favorire lo sviluppo di un’agricoltura distribuita e rigenerativa permette di supportare le colture locali, accorcia le catene di distribuzione riducendo le emissioni legate ai trasporti e la necessità di imballaggi.

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Non solo. Visto, il flusso di cibo in entrata, le città rappresentano il luogo ideale nel quale utilizzare i sottoprodotti e gli scarti trasformandoli in nuovi prodotti, per esempio ricavandone fertilizzanti organici e biomateriali innovativi.

Ridurre l’impatto

Il report della Ellen McArthur Foundation quantifica questi benefici: dall’utilizzo dei sottoprodotti alimentari e dalla riduzione degli sprechi si avrebbe un risparmio di 700 miliardi dollari l’anno; la riduzione delle emissioni serra legata all’accorciamento delle catene alimentari porterebbe a un taglio di queste di 4,3 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti; l’adozione di pratiche agricole rigenerative ridurrebbe i costi sanitari di 550 miliardi di dollari.

Gli attuali metodi di produzione del cibo, infatti, hanno impatti disastrosi. Basti dire che per ogni dollaro speso per il cibo, la società complessivamente ne paga due. Ovvero 5,7 trilioni di dollari all’anno. Inoltre in termini di emissioni il modello agricolo attuale è responsabile di quasi un quarto delle emissioni di gas serra, senza pensare agli sprechi: ogni secondo l’equivalente di 6 camion di cibo commestibile viene gettato via, mentre nelle città meno del 2% dei nutrienti contenuti negli scarti e rifiuti organici viene valorizzato.

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