Moda circolare: The Time is Now

L’industria tessile è responsabile del 20% dell’uso globale di acqua e del 10% delle emissioni di anidride carbonica, collocandosi al 2° posto in termini di inquinamento ambientale dopo il settore petrolifero. Non solo: negli ultimi 15 anni il consumo di fibre tessili nel mondo è cresciuto del 68%, passando da 8 a 15chili pro capite l’anno. Una quantità enorme di materiale che poi finisce nell’85% dei casi in discarica.

Il progetto ‘The Time is Now’

Bastano questi numeri a evidenziare come rendere sostenibile e circolare la moda sia un’assoluta necessità. In questa direzione si muove The Time is Now, un progetto che il Consorzio Detox e Greenpeace Italia stanno portando avanti con l’Istituto Europeo di Design per promuovere un modello innovativo di produzione tessile sostenibile e in ottica circolare. Ma soprattutto coinvolgendo e formando i futuri designer di moda e stilisti, sensibilizzandoli al tema della sostenibilità.

Per far questo The Time is Now ha selezionato 16 studenti dei corsi di Fashion Design e Fashion stylist provenienti dalle sedi di Milano, Roma, Firenze, Torino, Venezia, Cagliari e Como dell’Istituto Europeo di Design che – in collaborazione con Greenpeace e il Consorzio Detox-realizzeranno 5 capsule collection eco-friendly di moda maschile. Le collezioni – che saranno presentate a Pitti Immagine Uomo del prossimo giugno – non solo dovranno essere ecofriendly ma dovranno indicare anche linee di sviluppo per il futuro della moda che integrino il valore della sostenibilità dei processi.

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Un modo innovativo di fare moda

Per Chiara Campione, Head della Corporate and Consumer Unit di Greenpeace Italia, ”se eliminare le sostanze chimiche pericolose dai nostri vestiti è considerato ormai un must da tanti brand e consumatori, adesso è il momento di ridurre ulteriormente l’impatto della produzione tessile, aumentare la qualità, longevità e riciclabilità dei vestiti del futuro”.

“Confrontarsi con i futuri designer che andranno a lavorare in azienda – ha commentato Andrea Cavicchi, Presidente di Detox e della sezione Sistema Moda di Confindustria Toscana Nord – è un aspetto fondamentale per raggiungere l’obiettivo di una moda veramente sostenibile. Abbiamo inoltre l’impegno di promuovere una vera economia circolare, attraverso l’utilizzo di materie di recupero e di capi rigenerati da riprogettare. È fondamentale che la progettazione nel futuro sia sempre più orientata al riuso dei vestiti o delle materie prime utilizzate”.

In realtà alcuni passi verso un graduale abbandono delle sostanze tossiche nell’industria della moda sono stati già fatti. Nel 2011, infatti, Greenpeace ha lanciato la campagna Detox proprio per sensibilizzare il settore della moda sulla necessità di eliminare dalla filiera produttiva sostanze tossiche e nocive che vanno poi a finire nei mari inquinando il nostro pianeta. Da quel momento 80 marchi della moda, di cui 60 italiani, hanno preso un impegno: la graduale riconversione verso una produzione sostenibile.

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Non è il primo caso di moda circolare

Un esempio concreto è rappresentato da Rifò, nuovo brand che ha di recente debuttato proprio a Pitti Uomo con una collezione fashion in chiave ecosostenibile. Tutti i capi di Rifò sono prodotti riciclando scarti di tessuto, riducendo così rispetto a un capo nuovo:

  • del 90% l’uso di acqua
  • del 77% quello dell’energia
  • del 90% i prodotti chimici
  • del 95% le emissioni di CO2
  • del 100% l’uso di coloranti.

Il modello proposto dal brand ha un respiro internazionale nella raccolta delle materie prime seconde e una dimensione territoriale e artigianale dal punto di vista della produzione: le fibre impiegate per produrre gli indumenti provengono da Europa, Stati Uniti e Canada, mentre la sfilacciatura e la rifilatura vengono realizzate a Prato. I nuovi capi sono prodotti con il metodo artigianale a “calata”, una speciale tipologia di produzione che garantisce risultati di pregio e minimo scarto di materiale, poiché permette di cucire i capi senza alcun genere di taglio.

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