Ecodesign di microplastiche per l’industria cosmetica e Produzione di materie prime ottenibili da acque reflue. Sono i primi due progetti dai quali – in base all’accordo sottoscritto a novembre – Novamont e il Gruppo Cap intendono partire per mettere concretamente in pratica la circular economy.
Questa infatti la finalità dell’accordo di ricerca tra le due società: mettere in pratica i principi dell’economia circolare e della bioeconomia sulla base di nuovi concetti di design, distribuzione e di consumo, puntando anche a definire innovativi modelli industriali che coniughino sostenibilità ambientale e competitività d’impresa. I progetti identificati da Novamont e Cap hanno il comune obiettivo di rigenerare le risorse, riportare il carbonio organico nel suolo, garantire la qualità delle acque e ottenere da queste operazioni nuovi prodotti a valore aggiunto.
In particolare, il progetto relativo all’Ecodesign di microplastiche per l’industria cosmetica vuole studiare gli impatti sugli impianti di depurazione e sui fanghi dei microbeads (particelle plastiche di dimensione inferiore a 1 millimetro) presenti nei prodotti cosmetici, individuando parametridi sostenibilità ambientale in relazione alle qualità delle acque. Le microplastiche non biodegradabili contenute nei prodotti cosmetici rappresentano infatti una significativa fonte di inquinamento delle acque, visto che ogni giorno nei mari si riversano tonnellate di “polvere” di plastica derivanti dall’uso di prodotti per la cura personale. Proprio per trovare un’alternativa sostenibile Novamont ha sviluppato microplastiche rapidamente biodegradabili per applicazioni cosmetiche: sono ottenute con biopolimeri amidacei.
Il secondo progetto (Produzione di materie prime ottenibili da acque reflue) nasce invece dalle attività di ricerca che il Gruppo Cap (utility che gestisce il servizio idrico integrato sul territorio della Città Metropolitana di Milano)sta realizzando nei suoi impianti per il recupero e la valorizzazione di prodotti e sottoprodotti derivanti dai fanghi della depurazione, come per esempio i PHA, plastiche biodegradabili ottenute dalla fermentazione batterica di zuccheri e lipidi. Le ricerche del Gruppo Cap, supportate dall’esperienza e dal know-how tecnologico di Novamont, hanno lo scopo di dimostrare come sia possibile produrre su scala industriale PHA dai fanghi urbani grazie ai consorzi microbici naturalmente presenti in depurazione.
“Per noi – ha detto Catia Bastoli, ad di Novamont, commentando l’accordo – è un interessante esperimento, non solo perché il Gruppo Cap si occupa di un argomento a noi molto caro che è quello della depurazione, ma in particolare perché ci dà la possibilità di immaginare la depurazione come un punto di analisi del contenuto di sostanze inquinanti nei fanghi per poi andare a fare ecodesign dei prodotti”.