Occorre invertire la rotta per fermare la distruzione del pianeta, evitare un futuro di guerre, povertà e perdita di interi habitat e biodiversità. E’ ancora possibile, ma bisogna farlo subito.
Questo il messaggio chiave emerso dalla Conferenza per il cinquantesimo anniversario del Club of Rome, che si è tenuta a Roma dal 16 al 18 ottobre per fare il punto sulla drammatica attualità dell’allarme lanciato ben 50 anni fa dal Club di Roma. Fondato per iniziativa dell’economista e imprenditore italiano Aurelio Peccei e del direttore scientifico dell’Ocse Alexander King, il Club di Roma è stato il primo think tank mondiale su quello che oggi chiamiamo sviluppo sostenibile. Su iniziativa del gruppo che si era radunato attorno a Peccei pochi anni dopo, nel 1972, fu pubblicato “Limits to Growth” (9 milioni di copie vendute, tradotto in 36 lingue), una potente denuncia deli rischi legati a un modello di sviluppo illimitato.
Al meeting di Roma di ottobre, al quale hanno partecipato alcuni tra i massimi studiosi, teorici e ricercatori nel campo dello sviluppo sostenibile, dell’economia, dell’ecologia, – tra cui Johan Rockstrom, Ernst Ulrich von Weizsäcker, Anders Wijkman, Pavan Sukhdev, Sandrine Dixon-Decleve, Jorgen Randers, Gunter Pauli – è stato presentato l’ultimo rapporto del Club of Rome “Come On! Come fermare la distruzione del Pianeta” che mostra quanto le cose siano cambiate in questi 50 anni, purtroppo confermando molte delle previsioni.
“Quando I Limiti dello sviluppo è stato pubblicato – afferma il rapporto – gli esseri umani erano 3,5 miliardi: oggi sono 7,6 miliardi, il 117% in più; le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera sono passate da 322 a 403 parti per milione; gli abitanti delle città erano 1,3 miliardi oggi sono 4 miliardi, cioè sono più che triplicati (+207%) mentre le megalopoli con più di 10 milioni di abitanti sono passate dalle 3 del 1968 (New York, Shangai e Tokyo) alle 22 attuali. In pratica con l’attuale modello di sviluppo avremo bisogno delle risorse prodotte da due pianeti Terra.”
Le proposte del Club di Roma
Ma le soluzioni per una crescita sostenibile ci sono. Secondo Ernst Ulrich von Weizsacker e Anders Wijkman, co-presidenti uscenti del Club di Roma e autori del rapporto, un passaggio fondamentale è riconsiderare il flusso dei materiali e abbandonare il modello economico lineare, basato su “estrai-consuma-getta”, per passare a un modello circolare. Ecco alcuni passaggi del rapporto Come On!.
“Come per i beni di consumo – afferma lo studio – anche il modo in cui gestiamo le risorse della Terra è molto inefficiente ed è responsabile di un’enorme produzione di rifiuti. Ciò determina il rapido aumento dei livelli di inquinamento, la scarsità delle risorse, la perdita di ecosistemi nonché del valore economico di ogni oggetto di cui ci si disfa. Se continuiamo così ci troveremo nel bel mezzo di un disastro. La combinazione di fattori quali scarsità delle risorse, cambiamento climatico e inquinamento blocca la crescita e alla fine fa crollare l’economia.” [… ]
“Governi e imprese devono lavorare di comune accordo per sviluppare strategie nell’uso delle risorse evitando che scarseggino e per risolvere i problemi di inquinamento e smaltimento dei rifiuti. Il concetto di produttività – prosegue il rapporto – deve essere rivisto perché includa le risorse naturali . [… ] Ciò di cui stiamo facendo esperienza oggi è un incremento dello sfruttamento delle risorse anziché una diminuzione: il che significa che la richiesta di risorse è maggiore del tasso di crescita economica. È necessaria una nuova logica di impresa.
Superare i modelli lineari
I modelli circolari di business devono sostituire quelli lineari. Una sfida significativa per il futuro consiste nell’introdurre innovazione che faciliti il processo passaggio da meno prodotti a più servizi per molti oggetti di consumo: computer cellulari elettrodomestici macchine mobili tessuti.2[… ]
“E’ necessaria – suggerisce l’analisi – una nuova logica di impresa: i modelli circolari di business devono sostituire quelli lineari. [… ] La perdita di valore economico si verifica perché non si è mai affrontata la questione dei flussi lineari dei materiali. In Europa, per esempio, la maggior parte del valore delle materie prime si perde dopo un solo ciclo di utilizzo a dispetto di tentativi anche validi di riciclaggio. Anche nei sistemi più virtuosi si è ben lungi dal riutilizzare o riciclare tutti i materiali prodotti e fra quelli riciclati molti non possono essere usati di nuovo a causa di un design scadente della contaminazione o del mancato rispetto degli standard.” [… ]
“Anche nella prospettiva di una riduzione sostanziale dei cambiamenti climatici, i flussi lineari dei materiali resterebbero molto problematici. Sappiamo che il riciclaggio e riuso dei metalli fanno risparmiare molta energia e diminuiscono l’inquinamento: l’estrazione e la produzione delle materie prime – acciaio cemento alluminio – è responsabile di circa il 20% delle emissioni globali di gas serra. Anche in questo caso è fondamentale il passaggio alle energie rinnovabili nonché l’aumento dell’efficienza energetica nei processi di produzione.”