Frigoriferi e lavatrici a scadenza programmata, come una confezione di uova o uno yogurt. È la cosiddetta obsolescenza programmata che nessuna azienda e nessun Paese teorizzano ma che molti praticano.
Ieri l’Antitrust (il Garante italiano dei consumatori) ha multato Apple e Samsung, rispettivamente di 10 e 5 milioni di euro, con l’accusa di rendere vecchi e datati i loro dispositivi attraverso aggiornamenti che intenzionalmente abbassano l’efficienza degli smartphone anche più recenti. Il problema dell’obsolescenza programmata però non riguarda solo il mondo della telefonia ma anche i grandi elettrodomestici che si trovano nelle nostre case.
Per combatterla si sta muovendo l’Unione europea. La Commissione pochi giorni fa ha dato il via libera alla discussione sul pacchetto di misure relative alla direttiva di Progettazione Ecocompatibile (Ecodesign) e alla Etichetta Energetica. Non si tratta di altre tasse: anzi in gioco c’è un risparmio energetico del 5% rispetto al consumo elettrico europeo attuale. Un 5% che si sommerebbe al 9% di risparmi energetici (175 Milioni di Tpe) già ottenuti con le etichette esistenti.
Il pacchetto comprende 14 misure di standard minimi di efficienza relative alla direttiva ecodesign e 6 nuove etichette energetiche. Per approvarlo serve una maggioranza qualificata: il voto a favore di almeno 16 Stati membri (che rappresentino almeno il 65% della popolazione dell’Unione).
“Il punto di innovazione particolarmente spinoso, al quale l’Italia si è opposta assieme alla Germania e agli altri Paesi produttori di elettrodomestici, è quello relativo all’efficienza materiale, ovvero le misure di economia circolare che per la prima volta diventerebbero obbligatorie fin dalla fase di progettazione degli elettrodomestici.”, scrive Legambiente in un comunicato. “Per quattro categorie (per ora) di elettrodomestici, infatti, verrebbero introdotti alcuni obblighi”.
Le misure concrete proposte dall’Europa
- Obbligo di disponibilità dei pezzi di ricambio per 7/10 anni (lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi), con tempo di consegna massimo di 3 settimane.
- Misure di riparabilità obbligatorie:
- Facile accesso alle parti essenziali del prodotto, per la riparazione
- Messa a disposizione dei documenti necessari per la riparazione da parte di terzi: Manuali, schema di (dis)assemblaggio, schema della centralina, Elenco dei codici di errore diagnostici, diagrammi di cablaggio ecc.
Non è difficile immaginare che si tratta di proposte popolari. E infatti un sondaggio dell’Eurobarometro del 2014 lo conferma: il 77% dei cittadini europei preferirebbe poter riparare un elettrodomestico piuttosto che ricomperarlo. Ma la situazione attuale è esattamente opposta rispetto a questo desiderio. Il 53% delle lavatrici europee oggi si sostituiscono quando si rompono la prima volta. E nel 2013 l’8,3% degli elettrodomestici si sono rotti e sono stati sostituiti entro i primi 5 anni.
Dunque l’opposizione alla lotta contro l’obsolescenza programmata non va nella direzione che sollecitano i cittadini. Asseconda i desideri delle industrie? In parte certamente sì, ma se si va a fare un’analisi di mercato emerge anche in questo campo una contraddizione. I prodotti a durata breve non sono quelli ad alta qualità e ad resa: corrispondono a una fascia di mercato bassa. E oggi questa fascia è in larga parte occupata dai prodotti extra UE che, a parità di prestazioni, hanno prezzi più bassi dei prodotti italiani.
Il terzo punto (dopo gli interessi dei cittadini e quelli delle imprese europee) che gioca a favore delle misure contro l’invecchiamento programmato è l’occupazione. Come osserva Legambiente, un modello che punta sulla riparabilità dei prodotti alimenterebbe quella filiera virtuosa dei servizi di riparazione e rigenerazione, labor intensive, che sta creando molti posti di lavoro nel nostro paese e nel resto d’Europa, soprattutto nel settore delle cooperative sociali.