di Toni Federico
Rinnovabilità dell’energia e circolarità della materia sono i due capisaldi della green economy. L’economia circolare comprende:
- il riciclo dei rifiuti per la produzione di materie prime seconde
- l’allungamento della vita utile dei prodotti industriali
- la loro manutenzione e riparazione
- la condivisione del loro uso
Gli scarti organici dei cicli produttivi vanno restituiti alla natura piuttosto che smaltiti nelle discariche. L’economia circolare è dunque intrinsecamente multifunzionale e per monitorarne i progressi un solo indicatore può non bastare. Per taluni aspetti inoltre, può talvolta essere necessario ricorrere a dati qualitativi ricavati da pareri ed opinioni qualificati o sondaggi a campione. Sono innumerevoli i modelli che sono stati proposti negli ultimi anni dalla letteratura scientifica per descrivere e quantificare l’economia circolare, ma il quadro concettuale da cui derivano è sostanzialmente il medesimo e si può ricondurre allo schema proposto dalla Ellen Mc Arthur Foundation nel primo volume del suo rapporto del 2013.
Eurostat ha aperto un osservatorio privilegiato per l’Europa che sviluppa e aggiorna un database per gli Stati membri. Il quadro Eurostat è composto da dieci indicatori articolati in quattro temi: produzione e consumo, gestione dei rifiuti, materia riciclata, competitività ed innovazione.
Qualche numero sull’economia circolare in Italia
Già nel suo editoriale di giugno Edo Ronchi notava che l’Italia ha il secondo posto in Europa dopo l’Olanda per il tasso di circolarità dei rifiuti, la quota di materie prime secondarie reinserite in feedback nel flusso totale di materia. Possiamo dunque scandire la proposta Eurostat leggendola attraverso i dati italiani che evidenziano ulteriori eccellenze.
I dati più recenti sono del 2016 e mostrano che nell’area produzione e consumo l’Italia è in media europea a 497 kg di rifiuti urbani per persona e per anno, con una intensità di 69 g/€ per tutti i rifiuti e il 21,5% di materia sprecata come rifiuto nel ciclo produttivo, quasi il doppio dello spreco medio europeo.
Nella gestione dei rifiuti ricicliamo il 45% di RU, in perfetta media europea ma, per tutti i rifiuti non minerali siamo al 67%, dietro solo a Olanda, Belgio e Slovenia. Alla stessa percentuale gli imballaggi, dove però fanno meglio di noi anche Germania, Spagna, Svezia, Austria e Irlanda. Ottimo il posizionamento dell’Italia, con 94 kg pro capite per i rifiuti urbani compostabili. Per i RAEE siamo però in coda al 31,5%, sotto la media europea di 8 punti con i dati del 2015.
Nel sistema industriale il CMU, Circular Material Use rate, la quota di materia prima da riciclo è complessivamente pari al 17,1% nel 2016, dietro soltanto a Francia, UK e Paesi bassi. Il CMU è il tasso di circolarità dell’economia già citato da Ronchi, probabilmente il più significativo tra i 10 indicatori Eurostat. L’Europa è in media molto al disotto, al’11,7%, e l’Italia dal 2010 al 2016 ha guadagnato il 150%. Nell’innovazione e nel confronto competitivo l’Italia registra 0,58 brevetti riferibili all’economia circolare per milione di abitanti, superata da tutto il centronord europeo. Solo 7 paesi, tra cui solo l’UK del G7, superano l’Italia nel valore aggiunto dell’economia circolare in % del Pil, pari all’1,7% nel 2015. In termini di occupati riconducibili all’economia circolare, l’Italia nel 2015 è ancora avanti, al 2,05%, superata solo da un gruppetto di paesi dell’Europa dell’est.
Altri dati europei si ricavano dall’Ecoinnovation Action Plan della Commissione Europea che danno l’Italia al primo posto nel Material Footprint, con 6,9 t di materia vergine procapite nel 2015, meno della metà della media europea al 13,2%. Nello stesso anno l’Italia è prima anche nella produttività delle risorse materiali, pari a 4 €/kg nel 2015, quasi il doppio della media EU 28 posizionata a 2,19€/kg.