Rifiuti in edilizia: le nostre case finiscono in discarica

In Italia solo il 9% dei rifiuti in edilizia finisce in un ciclo di riuso o riciclo, il resto va in discarica o all’inceneritore. Ma si moltiplicano i casi virtuosi: dallo Juventus Stadium all’Auditorium Toscanini di Parma.
di Nicola Moscheni

Per fortuna la ricerca riesce a fare qualche passo in avanti senza dover aspettare le normative, che nel caso dell’economia circolare vanno a rilento. Casi di buone pratiche nel campo della sperimentazione fanno ben sperare per il futuro del settore delle costruzioni in una visione di economia circolare. È il caso dello Juventus Stadium, per il quale sono stati riutilizzati, per il sottofondo del rilevato strutturale, 40.000 metri cubi di calcestruzzo provenienti dalla dismissione del vecchio Delle Alpi. Azione che ha portato a un risparmio economico stimato attorno ai 2 milioni di euro.

Ancora, i cantieri di Expo 2015 hanno visto un largo utilizzo di acciaio, dalle strutture portanti alle fondazioni. Dopo l’evento di Milano le 1.000 tonnellate di elementi in acciaio sono state smontate e trasportate per poi assemblarle nuovamente a Dubai per Expo 2020.

Pneumatici e musica

Non solo materiale da demolizione, ma anche altri sono i settori di produzione da cui arrivano soluzioni innovative per l’edilizia. Una complessa operazione di riqualificazione acustica nella Sala Gavazzeni dell’Auditorium Toscanini di Parma è stata eseguita con pannelli in gomma riciclata da pneumatici fuori uso. Al Centro di Produzione Musicale “Arturo Toscanini”, Ecopneus (promotore del Circular Economy Network), assieme a Genesis e allo Studio A+C Architettura e Città, ha realizzato questo importante intervento attraverso l’inserimento di pannelli fonoassorbenti in gomma riciclata da pneumatici fuori uso (Pfu).
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ecopneus
L’interno della nuova Sala Gavazzeni dell’Auditorium di Parma
Le caratteristiche di elasticità, resistenza e fonoassorbenza fanno, infatti, della gomma da Pfu un ottimo materiale per la limitazione della trasmissione dei rumori e delle vibrazioni negli edifici. Il granulo e il polverino di gomma ottenuti grazie al riciclo degli pneumatici fuori uso, sono i materiali più comunemente utilizzati nel settore dell’edilizia. Legati con poliuretani o altri materiali termoplastici costituiscono degli elementi altamente performanti e versatili per l’isolamento acustico e lo smorzamento delle vibrazioni. Un modo per far fare a questi vecchi pneumatici ancora tanta strada.

L’Italia non ricicla

Le esperienze citate mostrano la qualità che può raggiungere il recupero in Italia, ma sulla quantità c’è ancora molto lavoro da fare. Lo evidenzia il rapporto 2017 dell’Osservatorio Recycle, promosso da Legambiente, sull’economia circolare nel settore delle costruzioni. Secondo i dati ufficiali, in Italia solo il 9% dei rifiuti in edilizia finisce in un ciclo di riuso o riciclo, il resto va in discarica o all’inceneritore. In un Paese come il nostro, dove la tradizione costruttiva spinge ancora fortemente materiali come il calcestruzzo, questo diventa un dato ancora più importante. Non a caso, l’uso del cemento armato è uno degli esempi più emblematici. Questo è composto infatti da una miscela di acqua, cemento e inerti (per i quali estrazione e trattamenti richiedono un grosso dispendio di energia) gettata in un reticolo di tondini di acciaio (la cui produzione avviene ad altissime temperature). Tutto ciò, senza contare trasporto, posa e tempi di asciugatura, fa comprendere quanta energia incorporata contiene un semplice elemento da costruzione.
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Oltretutto lo smaltimento è un altro punto critico. Per esempio, dopo la sua dismissione, il cemento non può essere utilizzato per nuove miscele da costruzione perché non si possono facilmente controllare e assicurare le sue prestazioni. Anche i costi legati al prelievo e al trattamento dei rifiuti in edilizia rappresentano un dettaglio importante: il minimo sono 100 euro al metro cubo per lo smaltimento di semplici calcinacci da cantiere.

Rifiuti in edilizia: economia circolare per gli aggregati da costruzione

Nel rapporto curato dall’osservatorio Recycle si cita, tra gli altri, l’esempio dei materiali da cava. Questi rifiuti rappresentano circa il 25-30% del volume totale di rifiuti in Europa, pertanto la disponibilità per un possibile riciclo e riutilizzo è consistente. I limiti sono però ancora molti: a partire dai capitolati che ne vietano o di fatto limitano l’impiego, alla scarsa conoscenza da parte dei tecnici. L’obiettivo deve essere quello di fissare criteri tecnici e ambientali per stabilire quando un rifiuto cessi di essere tale e diventi una materia prima secondaria.
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Si tratta di un processo già iniziato e sostenuto dalla Direttiva 2008/98/CE, che prevede che al 2020 si raggiunga un obiettivo pari al 70% del riciclo dei rifiuti in edilizia. Questo termine però è dietro l’angolo e l’Italia deve trovare un motivo propulsivo per cambiare rotta. La soluzione è davanti ai nostri occhi, convertire alcuni processi in economia circolare non porterebbe solo alla riduzione effettiva dell’impatto ambientale del settore. Si registrerebbe anche una sostanziale riduzione della spesa economica per gli interventi di costruzione, grazie al minor ricorso allo smaltimento in discarica e al minor utilizzo di materiali di scavo. Superare una burocrazia complicata e una normativa non aggiornata darebbe la possibilità di attuare una vera rivoluzione per il trattamento i rifiuti in edilizia. Almeno così, potremmo essere certi che i nostri edifici non sono da buttare.