Effetto Trump
Gli investimenti cinesi in Europa volano e tra Bruxelles e Pechino nasce un’intesa Europa-Cina sull’economia circolare che punta a un forte sviluppo dell’innovazione. Nello stesso giorno arrivano due notizie convergenti a comporre uno scenario molto interessante, che mostra una dinamica di mercato capace di saltare il muro che la Casa Bianca cerca di erigere a favore della brown economy. La prima notizia viene dal rapporto Rhodium Baker McKenzie e fotografa gli investimenti cinesi nell’economia reale del primo semestre 2018: quelli nell’America del Nord sono scesi a 2,5 miliardi di dollari segnando una diminuzione del 92% rispetto al primo trimestre 2017; quelli in Europa sono saliti a 22 miliardi. Europa batte Usa 9 a 1.
L’intesa Europa-Cina
La seconda notizia serve a capire meglio la direzione di marcia della nuova intesa Europa-Cina fortemente agevolata dall’offensiva sui dazi voluta dalla Casa Bianca. Nel summit del 16-17 luglio a Pechino è stato sottoscritto un memorandum sull’economia circolare firmato dal vicepresidente della Commissione europea Jyrki Katainen e dal presidente della Chinese National Development and Reform Commission He Lifeng. L’intesa Europa-Cina allinea i due maggiori mercati del mondo e crea le premesse per la definizione degli standard e delle politiche necessari a far decollare sistemi produttivi basati sul recupero della materia e sulle fonti rinnovabili. Una spinta cino-europea verso l’ecodesign delle merci, la sharing economy, l’ecolabelling può dare un contributo fondamentale alla corsa verso l’economia low carbon necessaria a raggiungere gli obiettivi di stabilizzazione climatica indicati dal vertice Onu di Parigi del 2015.
L’apertura di Pechino fa seguito a una serie di prese di posizione che avevano preparato il terreno per una svolta in materia di economia circolare. Ventisei miliardi di euro sono stati stanziati nel periodo 2017-2020 per migliorare la gestione dei rifiuti. Standard molto più rigorosi rispetto al passato sono stati adottati per l’ingresso in Cina di materiali derivati da raccolta differenziata e l’import di alcune tipologie è stato vietato in maniera secca. Infine controlli più rigorosi sono stati stabiliti per bloccare i traffici illegali di rifiuti.
E l’Europa, da parte sua, ha già approvato il pacchetto sull’economia circolare (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale europea il 14 giugno scorso) fissando al 65% al 2035 il livello minimo di riciclo dei rifiuti urbani. E ha deciso di investire 941 milioni di euro entro il 2020 per sostenere il rilancio dell’economia circolare.
Ora la sinergia tra questi due processi può creare un effetto moltiplicatore: si può andare verso un mercato globale dell’economia circolare in grado di attrarre altri attori economici di prima grandezza. A cominciare da grandi aziende e Stati americani che considerano pericoloso l’isolazionismo economico di Trump.